Secondo uno studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition, l’assunzione giornaliera di quest’alimento da parte di persone anziane con bassi valori di densità ottica dei pigmenti maculari, è in grado di ridurre il rischio di degenerazione maculare.
Consumare regolarmente uova contribuisce a prevenire alcuni gravi disturbi visivi legati all’età. In particolare, l’assunzione giornaliera di quest’alimento da parte di persone anziane con bassi valori di densità ottica dei pigmenti maculari (Mpod), è in grado di ridurre il rischio di degenerazione maculare. Sono questi i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista American Journal of Clinical Nutrition e condotto da Robert J Nicolosi e collaboratori presso la University of Massachusetts Lowell negli Usa. L’indagine ha, inoltre, permesso di stabilire che i benefici di tale consumo sono da attribuire all’incremento di luteina e zeaxantina, pigmenti oculari con note proprietà fotoprotettive che, oltre a essere presenti naturalmente sia nella macula sia nel cristallino, sono particolarmente abbondanti nel tuorlo d’uovo.
Lo studio, durato 5 mesi, ha previsto due fasi ciascuna di 5 settimane in cui sono stati consumati 2 e 4 tuorli d’uovo al giorno, rispettivamente. Entrambe le fasi sono state fatte precedere da un periodo di quattro settimane in cui l’uovo è stato abolito dalla dieta. In breve, con l’introduzione più elevata di tuorli, individui con bassi livelli basali di Mpod (< or =0,5 a 0,25 gradi; < or =0,4 a 0,5 gradi; < or =0,35 a 1 grado) hanno mostrato un incremento in questi livelli di circa il 50%, per tutti e tre i valori di eccentricità retinica. Con soli due tuorli, Mpod è, invece, aumentato del 31% a 0,5 gradi. La concentrazione di luteina incrementa del 16% e 24%, rispetto al 36% e 82% della zeaxantina con 2 e 4 tuorli, rispettivamente. Seppure sia stato riscontrato un aumento del 5% di colesterolo Hdl, non si è avuto nessun incremento di quello Ldl nei partecipanti, la maggior parte dei quali stata seguendo regolarmente terapie con statine. Fonte: American Journal of Clinical Nutrition 2009, 90, 5, 1272-9 Email: Link alla fonte